A qualcuno dà fastidio che si parli di crocifissi. Che cosa stiamo a crogiolarci con i crocifissi?
Certo che se deve servire a crogiolarsi e a girare intorno ad altri ostacoli, meglio evitare. Se serve ad approfondire per affrontare la tematica complessa e ineludibile – concretissima – del multiculturalismo, forse vale la pena di perderci un po’ di tempo. Riconosco che vi sono molti problemi impellenti, ma non sarei per escludere una cosa a favore dell’altra. Perché, intorno al problema dei crocifissi, che non può essere ridotto alla collocazione di un soprammobile, si agita anche gran parte dell’impostazione del rapporto con i nostri nuovi vicini di casa. Soprattutto quelli che vengono dal sud del mondo. E non sono d’accordo che si giochi allo scaricabarile come fa qualcuno ributtando la palla nel campo dei presidi, affinché ci pensino loro con la scusa che la scuola è autonoma. E, per parte mia, per quanto si tratti di questione molto più complessa e completa che non voglio trattare qui, condivido la decisione presa dalla Corte Europea dei Diritti Umani.
Ma come è difficile decentrarsi! Anche solo un poco, giusto per accorgersi dei problemi dell’altro.
Infatti!
Il primo problema è l’individualismo dilagante. Il passaggio culturale dal “noi” all'”io”. Ognuno pensi per sé. In questo la televisione ci ha profondamente trasformati. E internet ha fatto il resto. Attenzione, però, questi marchingegni saranno pure potenti, ma restano comunque strumenti. C’è poco da dire. Mentre c’è tanto da fare.
E come è successo tutto questo? Consideriamo che un quantitativo di “egoismo” è pure fisiologico nella persona umana. Serve per affrontare le sfide personali della vita, a partire dalla preparazione di un esame, dal lavoro che ci fa sentire spesso in gara, dalle nostre idee e dei nostri progetti dei quali tendiamo ad “innamorarci”, dalle relazioni che vogliamo spesso esclusive, ma accanto a questo sappiamo che nella natura dell’essere umano c’è una spinta a fare insieme ciò che da sé non si può raggiungere. Proprio a partire dallo studio: studiare da soli o insieme? Laddove uno riesce meglio può anche tendere ad isolarsi e fare da sé. E poi? Chi non ha provato il piacere di studiare con un amico? Anche solo per preparare un’interrogazione. Questa è un’esperienza comune a vecchi e giovani e conferma che bisogna tornare al “noi”. Ma che non sia un “noi” di facciata, perché si riconosce subito e non incanta più nessuno.
Pare che molti italiani non riescano a sollevarsi dalla poltrona che hanno piazzato davanti al televisore e, telecomando in mano, si accontentano di “comandare” il televisore, si illudono cioè di comandare la fiction, il mondo costruito appositamente per illudere. Pensiamoci: per illudere di essere a teatro, per illudere di essere allo stadio, per illudere di essere in piazza, per illudere di leggere il giornale, per illudere di partecipare a un dibattito. Ma a teatro ci sono altri, allo stadio ci sono altri, a tifare e a sostenere la squadra del cuore, in piazza ad appoggiare la causa per la quale ci battiamo ci sono altre persone, a leggere e commentare i fatti del giorno ci sono altri… Chiarisco. tutto questo senza disconoscere il grande valore sociale che la televisione comunque ha. Insomma il male, ma anche il bene.
E così sia per il mondo della net community. Un guaio quando diventa sostitutivo delle relazioni reali, ma una ricchezza straordinaria quando apre strade impensate e forse impensabili alla comunicazione interpersonale, quando consente di essere aggiornati in tempo reale, quando consente il confronto a distanza con chi ci è vicino nell’appartenenza, quando consente di veicolare rapidamente e senza confini idee, valori, obiettivi, progetti.
E allora? Allora come valorizzare il bene ed eliminare, mitigare il male di questi strumenti indicati come fonte dell’ipnosi nella quale impercettibilmente stiamo sprofondando?
E la politica? Quale il ruolo della politica in questa battaglia?
Don Lorenzo Milani diceva che il ruolo della politica stava proprio nell’uscirne insieme. Uscire dal problema, trovare la soluzione, “insieme”. “Insieme” e “in di più”, perché in democrazia contano le idee, le idee messe a confronto, le sintesi raggiunte, ma far prevalere ciò che si ritiene più giusto passa dalla conquista del consenso. Passa dalla pazienza e dalla passione che guidano l’impegno per far prevalere i valori che ci convincono.
Qui sta il difficile. Siamo condannati a recuperare molto del tempo perduto ad accorgerci di questa china malefica e scivolosa e molto del tempo che ancora perdiamo in rituali superati e assurdi.
Un passo per volta.
Se la televisione conduce all’individualismo, al senso di impotenza, all’indifferenza, in ultima analisi ai fenomeni della sola protesta e dell’antipolitica, ma, infine, all’accettazione passiva di ciò che viene propinato, occorre costruire uomini e donne capaci di non lasciarsi trasformare dal luccichio di ciò che è facile, capaci, in conclusione, di “pensare” e di farlo con la propria testa. E’ fondamentale formare il potere critico. Se questo non succede, non avrà nessun successo il ricambio generazionale, avremo costruito dei giovani replicanti e il nostro progetto soccomberà definitivamente. E, insieme a questo occorre formare all’ottica del “noi”, di un “noi” non imposto, di un “noi” liberamente conquistato entro un confronto aperto e inclusivo.
Funzione prima, in questo campo è quella della scuola.
Ma, attenzione anche la politica ha le sue responsabilità e prioritariamente sul modello di scuola che propone per il nostro Paese.
Altrettanto prioritario è il lavoro da svolgere nell’ambito stesso dei partiti, un lavoro che, avendo prima creato le condizioni affinché chiunque possa esprimersi senza preclusioni anagrafiche o di genere, dia realmente spazio al merito dovunque si trovi.
Questi mi paiono i preliminari, la prima delle priorità. Quella prima priorità che sempre abbiamo scritto nella prima pagina dei nostri programmi. Credo, a questo proposito, che sia ora di pronunciare parole credibili, seguite da azioni coerenti.
Perché colloco davanti a tutti gli altri questo tema? Perchè fa da background a tutti gli altri.
Gli esempi? sono come le ciliegie. Uno tira l’altro.
Lo scudo fiscale? Come facciamo a creare consenso intorno all’idea che le tasse vanno pagate da tutti, perché solo così potremo ridurne il peso? Chi non capisce che la prima opzione da avviare è quella di rivalutare il grande significato delle tasse in democrazia, perché la domanda alla quale dobbiamo sempre saper rispondere come politici e amministratori è la dimostrazione del fabbisogno, l’uso che abbiamo fatto delle risorse, le realizzazioni visibili, l’uso trasparente. Credo sia evidente che la contribuzione è forse l’esempio più lampante del passaggio dalla filosofia dell’io alla filosofia del noi. Cominciamo a dire in giro che lo scontrino si batte, la fattura si consegna senza chiedere se il cliente la vuole, i redditi si denunciano, a creare la cultura della contribuzione.
La privatizzazione degli acquedotti? Riusciamo almeno a far capire ai nostri elettori di che cosa si tratta? Riusciamo a far sapere che lì abbiamo fatto opposizione e il decreto è purtroppo passato per soli 20 voti? Riusciamo a dare informazione corretta sul contenuto di questo decreto? Riusciamo ad aprire un dibattito per aiutare l’opinione pubblica a valutare che al di là degli aumenti che la privatizzazione imporrà, il problema va esaminato a livello planetario e che l’unica acqua gratis che abbiamo è quella che cade dal cielo? E che a chi come noi Castellani che abbiamo i riduttori di flusso nei rubinetti delle nostre case grazie ad un progetto pilota e consumiamo il 30% di acqua meno di chi non li ha installati, fa ancora più male pensare ad un provvedimento che privatizza le reti con la prospettiva di innalzare il costo di questo bene essenziale?
La legge deve essere o no uguale per tutti? E’ ben difficile spiegarsi come la reazione della pubblica opinione alla pretesa del Presidente del Consiglio non sia stata veemente e immediata. Ma che cominci a farsi strada l’idea che in fondo non è poi così grave se l’uomo eletto dal popolo ha dei precedenti molto dubbi in tema di corruzione? Che anche un delinquente, se raccoglie la maggioranza dei voti può impunemente governarci e rimanere a capo del governo del Paese per l’intero mandato? Che cosa occorre per raddrizzare un pensiero così profondamente perverso che ha attecchito tra le persone più semplici se non una grande operazione culturale che sveli l’inganno? Che cosa occorre anche nel nostro partito per convincersi che le così dette liste bloccate sono una “porcata” e la legge elettorale deve essere cambiata?
La distruzione della scuola pubblica? È passata come acqua sul marmo. Messaggi come “maestro unico”, risparmio necessario, all’estero fanno così, il grembiulino che fa tutti uguali (ma non lo dice anche l’art. 3 della Costituzione?), il ritorno del voto numerico che è facile da leggere, cinque in condotta ai cattivi come medicina contro i bulli. Pochi messaggi, semplici, banali, venduti come risolutivi… e tutti, o quasi, convinti. Potenza dei media! Quarant’anni di riforme scolastiche nel cestino. Per fortuna che l’opposizione dell’Onda ha fatto un po’ argine, ma certi concetti hanno cominciato a fare breccia. Che fatica sarà riprendere il bandolo della matassa e ricostruire nella testa degli italiani la pretesa di una scuola seria!
E la questione degli extracomunitari? La cittadinanza? I respingimenti? La clandestinità come reato? l’operazione Bianco Natale? Questioni ormai vecchie, spesso, se non sempre, legate al tema della sicurezza. L’inganno culturale è persino crudele. Extracomunitari uguale criminali, piccoli o grandi, ma criminali. Se non per altro, perché portano via le case popolari che toccherebbero a noi. Quando torneremo a discernere che la criminalità non coincide con il paese di nascita?
Ah, già! Le consulte elette dai cittadini? E questo è un problema nostro. Non commento la fatica nel trovare i candidati, ma si impone una riflessione, perché non è un buon segno. Evitiamo di rifugiarci nel fatalismo. Tiriamoci su le maniche, perché questa rinuncia a partecipare, questo scarso slancio, questa indifferenza avvengono qui, da noi, dove noi governiamo da sempre. Che succede? Non è che certe ridicole affermazioni tendenti a far credere che gli italiani sarebbero stanchi di votare e che la colpa sarebbe delle primarie del PD, troppo frequenti, dobbiamo prenderle sul serio? Nel senso che qualcuno preferisce che non si voti? Pensiamoci.
Partecipare o no al NO Berlusconi – day? In fondo nessuno l’ha proibito, però, forse era un’occasione da cogliere, anche se noi siamo meno caciaroni dei dipietristi e di questo popolo dei social network che dimostrano la presenza di una società che forse un po’ ci sfugge e scappa in avanti e speriamo di non essere noi a stare fermi! Anche questo atteggiamento un po’ snob non è una novità dei partiti di sinistra nei confronti della società civile. Facciamo ben attenzione, perchè non sarebbe la prima volta!
E le riforme? L’annichilimento del Parlamento? La legge elettorale? Spero che il nostro popolo, i nostri elettori abbiano saputo che il Parlamento non gode la minima attenzione da parte del Governo che lo comanda a bacchetta dicendo minuto per minuto cosa deve approvare e cosa no. E senza discutere, dimenticando che si chiama “Parlamento” dal verbo “parlare”! Che cosa occorre anche nel nostro partito per convincersi che le così dette liste bloccate sono una “porcata” e la legge elettorale deve essere cambiata? Ci siamo accorti che con questa porcata abbiamo già votato due volte e noi democratici l’abbiamo usata anche per confezionare le liste per la formazione delle varie Assemblee!
E allora chi lo fa tutto questo lavoro culturale? Chi e quando creeremo occasioni aperte per dialogare con la città su tanti temi sui quali un approccio populista e demagogico ha messo le mani?
Bersani lo ha messo in primo piano proprio come funzione stessa del partito: “L’idea di partito ha a che fare con l’idea di democrazia. Rifiutiamo i modelli plebiscitari e riaffermiamo il valore dell’art. 49 della Costituzione. I partiti sono strumenti di partecipazione, di formazione civile, di impegno individuale e collettivo, di mediazione virtuosa tra società e istituzioni, di proposta e di indirizzo, di selezione democratica della classe dirigente”.
E così Franceschini: “Un partito che coltiva le diversità culturali al suo interno come una ricchezza, ma che cerca e trova la sintesi. Un partito laico e plurale. Un partito che fa della contaminazione tra le visioni del mondo e le culture politiche al proprio interno, un argine efficace contro tutti gli integralismi e i fondamentalismi, religiosi come ideologici. … Circoli che non siano solo luoghi per misurare i rapporti di forza nei congressi o per comporre organi e giunte, ma che si occupino del territorio e dei problemi delle comunità locali in cui sono. Circoli come antenne per ascoltare e capire l’Italia. Circoli che sono nati liberi e vogliono restare liberi”.
E pure Marino. “Un partito che sia centro di elaborazione, aperto e contendibile, sulle questioni di maggiore attualità e di più forte impatto sulla vita delle persone. … Un partito che parli la lingua delle persone e che si faccia capire, che bandisca le formule astruse e il gergo della politica. … Vogliamo un’Italia della democrazia e della partecipazione. … Dove al cittadino sia data la possibilità di formare, prima che di esprimere, liberamente la propria opinione. Un Paese nel quale l’informazione sia libera e che risponda sempre all’opinione pubblica e mai al potere”.
Signori, tocca a noi. A cominciare dal locale, perchè qui siamo maggioranza.
E mi viene allora una serie di domande: che posto avrà un lavoro tanto cruciale nell’attività dei nostri Circoli? Nelle scelte di spesa del nostro Partito? Nella selezione della classe dirigente a livello locale il cui appuntamento è previsto per aprile? Nell’impegno e nel coinvolgimento dei singoli aderenti e di tutti coloro che si sono impegnati anche solo con la partecipazione alle primarie? Nel comportamento dei nostri leader a partire da quelli locali, su su fino a Bersani?
Grazie a Giampiero e a quanti mi hanno stimolato questa serie di flash. Poco più di una provocazione. Se qualcuno vuol continuare a scattare qualche altro flash… basta scrivere qui sotto.