La notte porta consiglio, dicevano i nostri vecchi. Non so se anche oggi ne porti. Molti ne avrebbero bisogno. 

A me, che sul tema so di essere impotente, fa affiorare confuse nebulose di pensieri.

A volte i fatti del giorno si stampano nella mente. Più spesso sono proprio quelli che invece vorrei cancellare. Ma si imprimono e sono così strenuamente aggrappati alle sinapsi che non posso fare altro che seguirne l’evolversi. Ai fatti si uniscono le emozioni e, come in un film, si sviluppano riflessioni, idee, giudizi, rabbie, speranze…

Questa guerra che non è nemmeno una guerra, che chiamarla guerra è un complimento, è un fortissimo stimolo a questo onirico vagare verso est, oltre la cerchia Alpina, oltre il Danubio, là dove la lingua si allontana dalla nostra parlata neolatina financo nei segni della scrittura, quelli di Cirillo e Metodio.

Questa guerra è incomprensibile. Non ci sono due entità che si sono dichiarate reciprocamente in stato di guerra l’una contro l’altra. C’è chiaramente un aggressore e, altrettanto chiaramente un aggredito. 

Ma nel mondo non c’è solo l’Ucraina in queste condizioni. Non solo a Kiev, non solo a Odessa, non solo a Charkiv, a Zaporizzja, a Leopoli si muore senza motivo, donne e bambini fuggono, fuggono verso l’ignoto o inseguendo qualche debole speranza di una nuova vita, trascinando un trolley con lo stretto indispensabile e, forse, una foto o un oggetto del cuore.

Niente di veramente nuovo.

L’abbiamo vista anche a Kabul la speranza disperatamente aggrappata al carrello di un aereo ormai decollato. Resistere e infine cedere. Precipitare e morire come mai nessun altro. Anche da sud  verso i confini dell’Europa marciano processioni di famiglie che trovano barriere e fili spinati …

E il Mediterraneo. Chi l’avrebbe immaginato che saremmo stati capaci di trasformare il Mare Nostrum in un cimitero subacqueo? Eppure siamo stati capaci anche di questo.

Ma che mondo è questo?

Ma chi siamo? 

Abbiamo studiato la storia, pensavamo che dopo la Shoah non avremmo più sperimentato niente di simile.

Chi ha la mia età ha sperimentato nei primi anni di vita l’abbandono della propria casa e lo “sfollamento” in posti più sicuri. Ha nella memoria le sirene dell’allarme e le fughe nei rifugi antiaerei. Non dimentica l’ospitalità offerta da parenti e amici. Ricorda la carenza di cibo cui faceva fronte la ricerca quotidiana dell’essenziale anche lontano da casa. Patate …

Abbiamo letto il diario di Anna Frank, abbiamo celebrato più di settanta volte la fine della guerra e la liberazione dall’alleato divenuto oppressore, abbiamo costruito l’Unione Europea, abbiamo dato vita ad organismi e associazioni che operano quotidianamente a favore della pace, abbiamo premiato col Nobel chi più di altri si è impegnato per ottenerla o conservarla, abbiamo fondato la scuola di Pace di Monte Sole, abbiamo marciato ogni anno fino ad Assisi …

Abbiamo sventolato mille volte la bandiera della pace…

Sventola accanto al tricolore una bandiera blu con dodici stelle …

E poi?

E poi, non basta. 

Comments are closed.