Decisamente normale. Senza grandi imprese. L’età, ormai, condiziona irreparabilmente la realizzazione delle aspirazioni che la montagna ogni volta sollecita, ma la “maturità” aiuta a scoprire il bello, l’interessante, il gradevole, laddove in gioventù, forse, i cinque sensi nemmeno lo percepiscono.
Lo stesso “esserci” in montagna. Dopo un infarto, poi … Dopo che i medici ti avevano suggerito di non oltrepassare una certa quota: chi mille, al massimo milleduecento, poi, a oltre due anni dall’episodio, ti viene da far prevalere, tra i tanti, il parere illuminato di quel dottore che aveva sentenziato: “Zacchiroli! Perché tutti questi timori? Pensi prima di tutto che prima andava in montagna da malato e ora che l’abbiamo praticamente messo a nuovo, va in montagna in perfetto ordine”. È questa la riflessione che preferisco. Senza esagerare, naturalmente, ma ormai quello stent applicatomi l’11 febbraio del 2020 sembra fare il suo dovere e, pertanto, montagna sia!
Certo, c’è montagna e montagna e se deve essere montagna, che siano Dolomiti. Non sento il bisogno di Himalaya, Montagne Rocciose, picchi andini o Kilimangiaro. Rivedo volentieri San Candido e Siusi. Un po’ di nostalgia per le ferrate frequentate in passato non manca, ma sano realismo e saggezza acquisita ti aiutano a mettere il cuore in pace.
A San Candido ci aspetta un maso ideale con un balcone di trenta metriquadri affacciato a mezza costa su una parte di Pusteria a partire dallo spartiacque che separa le acque dirette all’Adriatico da quelle dirette al mar Nero. Arrivi lì e, neanche il tempo di salutare chi ti ospita, apri porte e finestre, metti piede sul balcone e … respiri.
Col naso, ma soprattutto con gli occhi. Può essere mattina, può essere sera, anche notte, può essere sereno, piovere a dirotto, vento che piega gli alberi, è bello anche così, perché passa e a sorpresa, da rimanere a bocca aperta, ti accorgi che è apparso l’arcobaleno. Un abbraccio convinto, sorridente, allegro, ottimista. Buon segno!