Mi è proprio venuto in mente il paese dei balocchi! È sera. Sto finendo di cenare e dal teleschermo irrompe gridando a catturare la mia attenzione il presentatore del programma dei pacchi. Sì, proprio “Affari tuoi”. Dopo un po’ mi rendo conto che si fa strada in me il desiderio di vedere come va a finire. Avrei da fare, ma posso rimandare. E così sto lì fino alla fine. Anch’io che dico ai miei nipotini che non bisogna lasciarsi intrappolare dalle suggestioni della televisione. Ci sono cascato come una pera cotta!
Proprio come Pinocchio. Anche lui era animato dalle migliori intenzioni, ma si incantava molto facilmente davanti a qualsiasi attrazione e si lasciava scioccamente fuorviare di fronte a qualsiasi “distrattore”.
– Oggi, alla scuola, voglio subito imparare a leggere: domani poi imparerò a scrivere e domani l’altro imparerò a fare i numeri. Poi, colla mia abilità, guadagnerò molti quattrini e coi primi quattrini che mi verranno in tasca, voglio subito fare al mio babbo una bella casacca di panno.
Ma che dico di panno? Gliela voglio fare tutta d’argento e d’oro, e coi bottoni di brillanti. E quel pover’uomo se la merita davvero: perché, insomma, per comprarmi i libri e per farmi istruire, è rimasto in maniche di camicia… a questi freddi! Non ci sono che i babbi che sieno capaci di certi sacrifizi!…
Mentre tutto commosso diceva così gli parve di sentire in lontananza una musica di pifferi e di colpi di grancassa: pì pì pì zum, zum, zum, zum.
Eh, sì! Credo proprio che di questi tempi Pinocchio sarebbe un bel libro sul quale riflettere per tutti noi, adulti e ragazzi.
I cosiddetti distrattori cominciano ad essere veramente tanti e prepotentemente invadenti. In molti casi decisamente pericolosi.
Io sono certo che il popolo italiano ha a cuore il proprio futuro. Sono altresì certo che le famiglie hanno a cuore il destino di figli e nipoti. Son sicuro che aspirano – come i nostri genitori – a un futuro sempre migliore nel quale immaginare lo svolgimento della loro vita, loro e di chi verrà dopo di loro. Ma come Pinocchio, anche gli italiani da un po’ di tempo sentono dei pifferi potentissimi che li distolgono con incredibile facilità dalla necessaria attenzione alle cose importanti.
Non è di oggi la preoccupazione di addetti ai lavori e non, per l’eccesso di ore di esposizione alla tv e ad internet. Di videodipendenza e di internetdipendenza si discute da molti anni ormai, ma ciò che mi interessa rilevare qui è l’influenza sulla formazione delle opinioni e più ancora sull’atteggiamento generale, sullo stile di vita. L’influenza di queste due presenze può essere molto forte nei confronti del rapporto con gli altri e con la società. L’altissimo numero di ore dichiarato da molti giovani e ragazzi è preoccupante. La fuga dalla realtà ha ricadute che sarebbe interessante, visto che gli studi non mancano, approfondire e diffondere, anche sull’atteggiamento verso la politica, ma è almeno doveroso sottolineare quanto la politica scolastica di questo governo tenda a dequalificare con tanta rapidità e decisione la scuola pubblica. Proprio lo strumento che serve a formare le capacità critiche.
Come il cacio sui maccheroni è intervenuto il servizio di “Presa diretta” dal titolo LA SCUOLA FALLITA (se non l’hai visto clicca sul titolo) di domenica 14 febbraio. Spero che siano molti ad averlo visto. Se lo avessero visto anche il Ministro Gelmini e qualche predecessore, gli oltre ottomila sindaci italiani e più di cento Presidenti di Provincia, per non dire dei cosiddetti Governatori e aspiranti tali, dovrebbero succedere nei prossimi giorni reazioni collettive e unanimi e un movimento popolare capace di provocare dimissioni a catena e far cambiare rotta a decisioni indecenti (se non si fosse capito, sto pensando al ponte sullo Stretto).
Resta da considerare che oltre ai pifferi “distrattori” sono in giro nei posti chiave del Paese, ovunque diffusi, soggetti subdoli e altrettanto pericolosi che approfittano della scarsa capacità di leggere i bisogni veri e stanno furbescamente puntando a convincere che poi l’importante è altro: consumate italiani! Qualsiasi cosa, ma consumate! Non serve una scuola pubblica per tutti e di qualità! Ma che bisogno c’è dell’abbecedario? Torniamo a Pinocchio, allora.
“Quand’ecco che si trovò in mezzo a una piazza tutta piena di gente, la quale si affollava intorno a un gran baraccone di legno e di tela dipinta di mille colori.
– Che cos’è quel baraccone? – domandò Pinocchio, voltandosi a un ragazzetto che era lì del paese.
– Leggi il cartello, che c’è scritto, e lo saprai.
– Lo leggerei volentieri, ma per l’appunto oggi non so leggere.
– Bravo bue! Allora te lo leggerò io. Sappi dunque che in quel cartello a lettere rosse come il fuoco c’è scritto: GRAN TEATRO DEI BURATTINI…
– è molto che è incominciata la commedia?
– Comincia ora.
– E quanto si spende per entrare?
– Quattro soldi.
Pinocchio, che aveva addosso la febbre della curiosità, perse ogni ritegno, e disse senza vergognarsi al ragazzetto, col quale parlava:
– Mi daresti quattro soldi fino a domani?”
Eh il povero Italiano modello non sa rinunciare alla vacanza alle Maldive e… che fa? chiede un prestito, ma non ha garanzie sufficienti da dare e allora, niente prestito.
Bisogna trovare qualcosa da vendere… le spiagge, i beni artistici, i beni confiscati ai malandrini!
“- Te li darei volentieri, – gli rispose l’altro canzonandolo, – ma oggi per l’appunto non te li posso dare.
– Per quattro soldi, ti vendo la mia giacchetta, – gli disse allora il burattino.
– Che vuoi che mi faccia di una giacchetta di carta fiorita? Se ci piove su, non c’è più verso di cavartela da dosso.
– Vuoi comprare le mie scarpe?
– Sono buone per accendere il fuoco.
– Quanto mi dai del berretto?
– Bell’acquisto davvero! Un berretto di midolla di pane! C’è il caso che i topi me lo vengano a mangiare in capo!
Ma sììì… bella trovata! e chi vendesse … la scuola? Un po’ per volta, un anno dopo l’altro… Una sforbiciata qui e una là… ce ne sono di privati che la comprano. Vai che ce ne sono! Loro sì che dopo la fanno bella! Vedrai! Oh, mica per tutti! Ma tanto che importa! Mica tutti devono guidare il Paese, bastan pochi!
Pinocchio era sulle spine. Stava lì lì per fare un’ultima offerta: ma non aveva coraggio; esitava, tentennava, pativa. Alla fine disse:
– Vuoi darmi quattro soldi di quest’Abbecedario nuovo?
– Io sono un ragazzo, e non compro nulla dai ragazzi, – gli rispose il suo piccolo interlocutore, che aveva molto più giudizio di lui.
– Per quattro soldi l’Abbecedario lo prendo io, – gridò un rivenditore di panni usati, che s’era trovato presente alla conversazione.
E il libro fu venduto lì sui due piedi.
Ma adesso si fa tardi! Alla prossima! Intanto riflettiamo e se l’abbiamo ancora riprendiamo in mano davvero Pinocchio.