Sì! c’è solo da umanizzare. Lo ribadisco. Siamo al secondo giovedì dopo la recentissima domenica elettorale e la mia intenzione era di meditare sull’esito di questa scelta italiana. Invece ciò che sta succedendo in Iran mi impone di riflettere su una situazione che fa rabbrividire. Ma su quel versante vi sono più quadranti degni di nota. Devo farne un elenco? potrò provarci, ma ne dimenticherò certamente più d’uno. Parto da questo, perché è il più recente, ma il panorama sarebbe ben più folto. Inutile spendere altre parole. Ci sono queste di Tina, studentessa iraniana a Parigi.
Conviene ascoltarle. https://tg.la7.it/cultura-e-societa/iran-la-giovane-tina-da-parigi-spiega-cosa-sta-succedendo-con-le-proteste-delle
È un appello di alcuni giorni fa che non può non coinvolgere. Agli amici e alle amiche chiedo soltanto di diffonderlo in nome dell’umanità che è in noi. Grazie.
Che orrore! Le bombe sono sicuramente peggio: procurano paura, dolore, morte. Procurano vedove e orfani, mutilati e … Distruggono case, fabbriche, scuole, uffici, strade, ponti, … Sì, sono il peggio del peggio, ma come possiamo qualificare il referendum indetto da Vladimir Putin nelle aree occupate in Ucraina? Abbiamo visto le immagini: elettori ed elettrici, che vorrebbe dire sceglitori e sceglitrici, abbiamo visto le schede aperte sulle due opzioni, Sì o No. E abbiamo visto pure il livello di segretezza assicurato.
https://www.lapresse.it/esteri/2022/09/23/referendum-al-via-a-luhansk-oggi-si-fa-la-storia/
Non ci vuol molto a capire perché è stato definito referendum farsa.
Anche perché, basta dare una scorsa a questa testimonianza:
Queste elezioni legislative (ricordo che si chiamano così perché gli eletti assumeranno l’onere nonché l’onore di proporre, discutere e approvare le leggi per la prossima legislatura) hanno finito per assumere un valore che va di molto oltre il consueto. C’è poco da dire, il tempo passa, todo cambia canta Mercedes Sosa https://www.google.com/search?client=safari&rls=en&q=todo+cambia+mercedes+sosa&ie=UTF-8&oe=UTF-8, e se in Italia siamo passati, nel tempo, a concentrarci, di volta in volta anche sulle elezioni o sull’evoluzione politica di altri paesi, ora tocca agli altri puntare la loro attenzione sul prossimo 25 settembre italiano. L’esito di quel voto si rifletterà anche oltre i nostri confini nazionali. Non per niente il grande Capo russo sfruculia insistentemente intorno al nostro confronto politico interno, ci lancia minacce volte a condizionare pesantemente l’orientamento italiano verso il conflitto da lui innescato il 24 febbraio scorso nel bel mezzo dell’Europa. È chiaro che non è indifferente se la vittoria arriderà a chi ha approvato e sostenuto le sanzioni e non esita ad appoggiare la difesa del popolo Ucraino o di chi le ha commentate evidenziando solo il danno economico procurato agli italiani, contribuendo così a confondere ancor più le idee anziché a chiarirle. E non sarà indifferente se l’immigrazione verrà governata creando condizioni tali che giovani africani possano inserirsi positivamente e rendersi utili laddove necessita quel ricambio generazionale reso problematico dalla carenza di nuove nascite di bambini italiani, o impedendo unicamente e con ogni mezzo gli sbarchi sulle nostre coste trasformando il Mediterraneo in un cimitero. Ci sono dati che presentano con grande chiarezza i cambiamenti, nel rapporto nati/morti e nella distribuzione delle età, la possibile evoluzione in un futuro prossimo della popolazione italiana anche in rapporto a quella del Pianeta. https://italiaindati.com È solo un primo tentativo di approfondimento che a me fa subito capire che davanti a dati come questi non si può restare indifferenti e la reazione di chi (in nome della purezza della razza?) propone unicamente il blocco degli sbarchi è, a dir poco, superficiale, irrazionale e totalmente priva di senso. La medicina è un’altra. Bisogna parlarsi. Solo così nascono soluzioni intelligenti.
Vale forse la pena di soffermarsi anche sull’altro filone dell’immigrazione che ci ha interessato molto da vicino e ha fatto respirare alle persone naturalmente sensibili l’aria di una guerra in atto. Credo, purtroppo, che continuerà a interessarci anche per il futuro: è quello proveniente dall’est europeo. L’Ucraina è dopo la Romania il principale fornitore di quella mano d’opera quasi assolutamente femminile che si prende cura dei nostri vecchi e delle persone non autosufficienti. Alle menti integre sorgono immediatamente alcune domande. Come mai abbiamo un’offerta tanto consistente per le donne dell’Est? Come mai le donne dell’est invece di assistere gli anziani di casa loro preferiscono venire in Italia ad assistere i nostri nonni e le nostre nonne nei loro ultimi anni di vita? Questo fenomeno è così diffuso anche negli altri stati dell’occidente Europeo? Una prima risposta relativamente allo stato di fatto italiano lo troviamo qui in un recente rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità. https://www.epicentro.iss.it/ben/2012/aprile/2
Per farsi, poi, un’idea ancor più vicina alla realtà, varrebbe la pena di consultare le statistiche della migrazione verso l’Europa nel sito della Commissione Europea. Una scorsa anche a quello, se già non bastano i dati esaminati finora potrebbe fornire buone idee anche agli italiani e alle italiane che si avvieranno a svolgere il dovere di esprimere il loro voto, domenica 25 settembre 2022! Per orientarsi a votare menti sane e persone competenti e serie.https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/promoting-our-european-way-life/statistics-migration-europe_it
Confusi? Quando, dove, che cosa e chi
Il tempo che fugge a volte ci angoscia, il mondo davanti a noi con mille problemi ci sconcerta, la globalità e rapidità dell’informazione, come flash si accendono, si spengono e non lasciano riflettere. Colpiscono ed emozionano. Non credo che sia così solo per me. Io sento l’esigenza di sostare almeno qualche minuto. Mi sorgeranno molte domande, troppe, cui sarà difficile tentare di rispondere, perché tutto s’intreccia, s’aggroviglia, si confonde, sfuma e riappare, ma non posso far finta di niente.
Interconnessi
Il tempo: qualche giorno fa si sottolineava il fatto che la guerra in Ucraina scavalcava il sesto mese. Mezzo anno. Già troppo per chi come noi, figli di oltre settanta anni di pace, manco lontanamente immaginavamo che si potesse ripiombare in una situazione tale da dover temere più o meno drastici cambiamenti di vita. Son passati sei mesi da quell’inattesa data del 24 febbraio 2022. L’iniziale parossistica attenzione alle notizie minuto per minuto provenienti dalle contrade invase, dalle metropolitane trasformate in rifugio antimissile, dalle sfilate di carriarmati con la Zeta, dalle prime macerie testimoni della drammatica realtà dell’invasione, dall’attivarsi nelle nostre città, grandi e piccole, dell’accoglienza ai parenti, anch’essi grandi e piccoli delle nostre badanti e non solo, non è più la stessa. A tutto si fa l’abitudine? Un po’ è così, ma le vacanze stanno finendo, i weekend autostradali a senso inverso, ma ancora da bollino rosso animano i telegiornali, si torna a casa, l’estate sta finendo, l’inverno è alle porte e il gas arriverà? o dovremo recuperare i dismessi cappotti, le vecchie coperte imbottite e riempire rapidamente le cantine di legna da ardere?? E, tanto per complicare la situazione e far capire a chi ancora non ci aveva pensato che il mondo è piccolo e … globalisti o no, europeisti o no, sovranisti o no, patrioti o no, alla fine, ci piaccia o no, siamo tutti interconnessi. Eh, sì! Volere o no, il tubo cirillico che arriva nelle nostre cucine all’americana, parte dalla Russia e che di lì esca il gas per scaldare le nostre case e cuocere le tagliatelle dipende da un tizio di bassa statura con un cognome che se fosse un bambino veneto avrebbe l’accento sulla “i”. Putìn. E invece l’ha sulla “u”. Capito chi è? Intanto per tre giorni sospende l’erogazione che, probabilmente, potrebbe anche non riprendere più.
Incerti
In questa cornice, nel nostro Paese o, come va ora di moda, nella nostra Nazione ci stiamo preparando a scegliere chi approverà le leggi e di conseguenza anche chi ci governerà … ma chi sarà? Decideremo noi. Il 25 settembre. Destra? Occorre un lavacro. Sinistra? Occorre un lavacro. Sì, un lavacro, non tanto sui principi quanto sulle rispettive storie lungo il novecento e il XX secolo. C’è molto da rinnegare… dopodiché si può discutere se e come continuare a parlare di destra e di sinistra … per ora meglio guardarsi intorno con curiosità, pazienza, acutezza, profondità, concretezza, indi posizionarsi e andare a votare. Non ci servono i “partiti chiesa” per scegliere come orientare la politica, cioè le vita della POLIS. Non serve il “tifo” perché il 25 settembre non dobbiamo sfogarci in curva, ma portare il nostro mattoncino per dare forma a un progetto di sana e felice convivenza almeno per i prossimi cinque anni. Di responsabile e comune impegno a rimediare ai danni procurati nel passato. Di seria e volonterosa partecipazione a umanizzare per tutti la vita sul pianeta.
Futuro?
Per saperlo bisognerebbe disporre di capacità divinatorie che non ho, oppure esaminare i sondaggi che non sempre brillano quanto ad attendibilità. Semplifico. A meno di un mese dalla verifica danno la destra stravincente, Tutti gli altri strasconfitti. Nell’immaginario si fa strada un governo a guida, per la prima volta femminile. Che, se non fosse per l’orientamento della candidata che non condivido, sarebbe anche ora. Poco sopra ho usato la parola umanizzare, perché racchiude in sé i tre grandi principi della rivoluzione francese Liberté, Égalité, Fraternité che, in altri termini, possono trovare cittadinanza e declinarsi nel credo cristiano e di molte dottrine filosofiche come, peraltro, nella nostra Costituzione. Ribadisco: Umanizzare. Parto da lontano, perché se considero il nostro pianeta come casa comune posso partire dagli amici congolesi, i bambini di Bukavu cui, quando possiamo, forniamo la bouillie, quella pappa nutriente che consente loro di affrontare con successo il periodo della crescita successivo allo svezzamento. Anche per loro le elezioni italiane devono “andare bene”. Mi avvicino un bel po’ dove altri bambini e altre mamme attendono di poter rientrare a casa loro e superare questa terribile esperienze iniziata il 24 febbraio scorso, perché non è umano vivere lontano dal papà, senza sapere se al rientro in Ucraina, quando e se ci sarà, lo riabbracceranno sano e salvo. Anche per loro le elezioni italiane devono “andare bene”. Sento ancora di restare lontano, perché è troppo forte il richiamo delle bambine di Kabul che devono raparsi a zero e fingersi maschi per poter entrare a scuola. https://www.repubblica.it/esteri/2021/11/13/news/tra_le_bambine_bacha_posh_di_kabul_ci_fingiamo_maschi_per_poter_lavorare_-326271200/
Anche per loro le elezioni italiane devono”andare bene”. E potrei anche fermarmi qui, perché “a buon intenditor, poche parole”. Ma anche per queste ciliegie amare vale l’adagio “una tira l’altra”. E allora un’ultima storia lontano da casa per dire ancora che anche per tutte queste persone le elezioni devono “andare bene”. Una storia che ho visto da vicino la notte di Natale di tre anni fa.https://www.assopacepalestina.org/2018/11/28/gli-israeliani-si-comportano-secondo-il-loro-capriccio-come-ho-visto-al-checkpoint-di-betlemme/
(continua)
San Candido doveva essere un centro di grande importanza in questa valle percorsa dalla Drava e la religione rivestiva sicuramente un ruolo di grande importanza. Ne è testimone questo caratteristico complesso che fa subito pensare a fiumi di pellegrini provenienti da lontano per pregare sul Sepolcro, modellato ad imitazione di quello di Gerusalemme. Tanti fedeli confluenti qui per pregare, richiamati da una sapiente scenografia in grado di supplire alla scarsa o nulla capacità di lèggere presente in quelle popolazioni.
La trasmissione del messaggio era quasi soltanto orale. L’ausilio delle immagini, dipinte o scolpite, era più che fondamentale. Come per noi del ventunesimo secolo che non riusciamo a fare a meno della televisione mentre la sola lettura fatica a diffondersi nonostante la facilità di approccio,
I bolognesi ne sanno qualcosa e se scoprono per la prima volta il santo sepolcro di San Candido non potranno fare a meno di ricordare che anche nella loro città c’è qualcosa di simile, meno vivace, sicuramente più austero, ma basterà clikkare qui sotto e immediatamente ci si renderà conto che l’ispirazione traeva lo spunto da un originale con gli stessi elementi …
È persino difficile credere che sia stato possibile, con gli scarsi mezzi a disposizione di allora, prima progettare e poi realizzare con una tecnologia che, confrontata con l’attuale, appare primitiva, in quel mondo contadino di alta montagna, opere monumentali come questa e altre che oggi ci fanno restare a bocca aperta, in estatica ammirazione mentre si affollano tante domande a fior di labbra: ma come facevano? dove e come ottenevano il materiale? come lo trasportavano a destinazione? chi progettava simili grandi opere?
Mi son trovato spesso a rimuginare qualche riflessione di questo tipo davanti alla chiesa Collegiata di San Candido, ma non solo all’esterno, dove risalta la mole poderosa ed elegante di questo gioiello dell’architettura. Quando poi, giustamente incuriosito, sono entrato e, oltrepassato il pronao, mi sono affacciato alla navata …
…. davanti a me, al culmine della navata si è stagliato un presbiterio degno delle massime celebrazioni, ricco dei simboli classici del cristianesimo, Cristo Re Crocifisso affiancato dalla Madre e dal Discepolo prediletto, tutti sovrastati da una cupola affrescata con un vero protofilm della Creazione con l’onnisciente regia dell’Eterno Padre. Non c’era il cinema allora, ma il bisogno di sostenere l’immaginario dei fedeli stimolati dalla sapiente e appassionata predicazione degli abati di turno veniva anche così alimentato.
E, a questo punto, per chi volesse approfondire, basta clikkare qui di seguito: https://artepiu.info/san-candido-collegiata-affresco-creazione/
Non ci sono soltanto sterminati panorami davanti ai quali incantarsi. Certo il creatore ha fatto di tutto per farci sostare in ammirazione della sua opera. Le vacanze sembrano fatte apposta, non c’è che l’imbarazzo della scelta: mare? monti? laghi? deserti? foreste? albe? tramonti? notturni? nuvole? nebbie? burrasche? … Si potrebbe continuare ancora a lungo, ma anche gli esseri umani ce l’hanno messa tutta, talora rovinando tutto, altre volte integrando bellezza con. bellezza. Da dove cominciare?
Affreschi abbastanza recenti di una tradizione popolare contaminata dal “bello” dal quale si trova circondata. Una benefica infezione che colpiva sistematicamente la gente di qui anche nei secoli più lontani, quando a differenza di oggi, senza l’aiuto dei media, per conoscere i popoli circostanti e rendersi conto di quanto ci assomigliavano o di quanto erano diversi, si dovevano fisicamente attraversare sterminate pianure, valicare montagne all’apparenza insuperabili o sfidare le onde del mare. Eppure ci sono riusciti e oggi sono ancora i muri delle case e delle chiese a farci conoscere vita, idee, vicende, passioni, nomi e cognomi di chi di giorno in giorno affrontava e risolveva gli stessi quotidiani problemi di noi, disincantati protagonisti del ventunesimo secolo.
E questo? Di chi è? Non sarà di Giotto, vero? Giotto a Siusi, ve lo immaginate? Non scherziamo. E poi c’è una firma e una data: Rohner 1617. Che ne dite? Giotto era già vissuto un bel po’ di tempo prima. Ho cercato un po’, ma non ho trovato molto di utile, solo una marca di calzini Rohner 1617 (Ma guarda che coincidenza!) e un riferimento interessante a un certo Sebastian Rohner nato nel 1591 nell’Appenzell, un cantone svizzero non troppo lontano da Siusi, anche per quei tempi. C’era anche allora chi viaggiava per lavoro e i grandi artisti viaggiavano come e più di altri a mostrare i miracoli della loro arte, di bellezza in bellezza … bellezze diverse … https://www.youtube.com/watch?v=Iyh7r1uOhM0
Bella, però, l’Adorazione dei Magi con lo sfondo delle cime dolomitiche …
Quest’anno la mia attenzione ha subito un’attrazione nuova: gli uccelli. Non che non vi fossero altri animali in giro o che l’anno scorso, o nei tanti anni passati da queste parti, gli uccelli non fossero presenti, ma quest’anno, oltre che gli uccelli, molto spesso mi son sorpreso a guardare le loro casette. Non i loro nidi, ma le casette costruite dagli abitanti per gli uccelli di passaggio. La prima a sorprendermi è sotto il balcone della casa che mi ospita per questo periodo di vacanza. Eccola qui. In cima a un alto palo di fronte a montagne che le fanno da fondale. Un fondale di lusso.
Un’autentica villa, per uccelli coccolati, nella quale potersi alimentare, dissetare e riposare, opera di un artista che passa tanto tempo nel suo incredibile laboratorio dove trasforma il legno, la materia prima abbondantemente presente nel territorio, in utili oggetti per la vita di tutti i giorni o in simpatici piccoli capolavori finalizzati a decorare la casa di provenienza degli ospiti umani. Senza, appunto, dimenticare i bisogni di chi, alato, arriva in volo. Ma dove sarà il segreto?
È tutta di legno, la vedete? Proprio una bella casa, ma non serve per abitarci. il padrone di casa ci passa il tempo libero. Coltiva un suo hobby. A mostrare i prodotti della sua attività non insegne luminose o grandi vetrine, solo al balcone una casetta pronta ad accogliere i volatili di passaggio e a scatenare qualche interrogativo nella mente di chi, ospite per qualche giorno di vacanza, si affaccia dal balcone fiorito: – Che strana casa … E dentro come sarà?
Fino al giorno in cui Alois ci invita a curiosare. Ecco qua il segreto. Un luogo caldo e accogliente. Sarà anche merito del legno, ma una foto rende forse meglio di qualsiasi descrizione lo scopo di quella casa essa stessa tutta di legno, piena di legno, di tanti oggetti essi pure di legno. Angioletti, capanne, stelle. Ci si prepara per tempo al Natale! E noi siamo finiti nel laboratorio di San Giuseppe!
Se poi, nel tuo girovagare tra i monti, lungo sentieri e vie, non procedi a occhi chiusi, ma ogni tanto alzi lo sguardo e ti metti in osservazione, ma sai quante ne scopri di queste “villette” per passeri e uccelli di ogni specie?
E quanti concerti puoi ascoltare se ti soffermi qualche minuto?
Ma sono sempre così allegre queste creature? E lì torna più che mai attuale un brano del vangelo di San Matteo “Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? 26Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? 27E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 28E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. 29Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Dal Vangelo secondo Matteo 6,24-34.
Al maso rimaniamo praticamente mai. Sappiamo benissimo che il programma giornaliero non può comprendere ascensioni impegnative. Le cime ci piace anche ammirarle da sotto. E poi la montagna non propone soltanto rocce e sentieri in verticale. Offre comodi sentieri tra i boschi, prati sterminati e verdeggianti e aria buona in quantità. E non c’è che l’imbarazzo della scelta. Il desco mattutino di Frieda è pronto, gli amici pure e allora? Perché aspettare? Punto di partenza il grande parcheggio oltre la stazione ferroviaria
Davanti a noi, superate le infrastrutture produttive di San Candido, si stendono le vaste prateria che ricoprono il fondovalle e le prime dolci pendici delle montagne. Sentiero pianeggiante, qualche tratto in leggera salita, giusto per raggiungere lo spartiacque proprio sulla Sella di Dobbiaco, perché lì ogni goccia di pioggia, una volta atterrata dovrà scegliere se puntare verso il mare Adriatico o il più lontano mar Nero. Ci sorpassano alcuni ciclisti, altri li incrociamo e intanto raggiungiamo il bosco. Finalmente un po’ d’ombra. Un mix di chiacchiere, vecchi ricordi di esperienze passate da queste parti distraggono dallo sforzo che l’età fa percepire più di quanto ci si aspettava alla partenza. Poi, a un tratto, ecco due panchine, in un punto si affollano alcuni escursionisti come noi, scattano selfies, si sciacquano le mani, bevono e riempiono le borracce. Lo sapevo! Siam giunti alle sorgenti della Drava. Quelle goccioline cui si accennava hanno scelto e si precipitano verso il Danubio che le porterà, insieme a tante sorelle provenienti da mezza Europa, fino al mar Nero.
Inevitabile seguire con la mente il percorso di quelle goccioline. Fino a Lienz, qualche anno fa, c’eravamo arrivati in bici, e sapevamo che la ciclabile andava anche oltre, uscendo presto dall’Italia per toccare Austria · Slovenia · Croazia · Ungheria · per 720 km, seguendo il fiume che diventa uno dei maggiori fiumi d’Europa, pur essendo solo un semplice affluente del Danubio.
La fantasia porta lontano in pochi secondi, la realtà, invece, suggerisce di riprendere il cammino. E così accade. Pochi passi e due militari ci fanno segno di scendere più a valle: di lì non si passa, al poligono di tiro sono impegnati in una delle consuete esercitazioni e gli scoppi che ci giungono subito dopo ne danno conferma. La strada si allunga, ma non c’è alternativa. Aggiriamo il poligono e, proprio quando la stanchezza incomincia a farsi sentire, ci accorgiamo di essere arrivati laddove à custodito un bel pezzo di storia: qui hanno vissuto i “pezzi grossi” dell’Imperial Regio Governo Austro Ungarico. Una vera Reggia. Poi la storia lo ha trasformato ed ha assunto funzioni molto diverse. E ora risuonano ogni anno le note della musica di Gustav Mahler.https://www.youtube.com/watch?v=vOvXhyldUko&list=RDvOvXhyldUko&start_radio=1&rv=vOvXhyldUko&t=17
Ritornare nello stesso posto ogni anno può far pensare a lunghe giornate noiose. Può succedere, ma non è sempre così. Può succedere di frequentare lo stesso ristorante o di sceglierne un altro per la curiosità di assaggiare nuove pietanze, può succedere di inoltrarsi sempre sullo stesso sentiero e scoprire invece che tante cose sono cambiate, può succedere che ti affacci al balcone come tutte le sere per godere le variazioni di colori e luci all’approssimarsi del tramonto o, poco dopo, alzi lo sguardo, è già buio e da dietro gli Scarperi si è affacciata la luna.
E così ti rendi conto che nel silenzio si riaffacciano, insieme alla luna le parole di una poesia …
Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, silenziosa luna? Sorgi la sera, e vai, contemplando i deserti; indi ti posi. Ancor non sei tu paga di riandare i sempiterni calli? Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga di mirar queste valli?
Leopardi. Certo! No comment, per carità! Vi piacerebbe sentirla tutta?
Anche questo è riscoprire …
CANTO NOTTURNO
DI UN PASTORE ERRANTE DELL’ASIA
Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vita
la vita del pastore.
Sorge in sul primo albore
move la greggia oltre pel campo, e vede
greggi, fontane ed erbe;
poi stanco si riposa in su la sera:
altro mai non ispera.
Dimmi, o luna: a che vale
al pastor la sua vita,
la vostra vita a voi? dimmi: ove tende
questo vagar mio breve,
il tuo corso immortale?
Vecchierel bianco, infermo,
mezzo vestito e scalzo,
con gravissimo fascio in su le spalle,
per montagna e per valle,
per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
al vento, alla tempesta, e quando avvampa
l’ora, e quando poi gela,
corre via, corre, anela,
varca torrenti e stagni,
cade, risorge, e piú e piú s’affretta,
senza posa o ristoro,
lacero, sanguinoso; infin ch’arriva
colá dove la via
e dove il tanto affaticar fu vòlto:
abisso orrido, immenso,
ov’ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
è la vita mortale.
Nasce l’uomo a fatica,
ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
per prima cosa; e in sul principio stesso
la madre e il genitore
il prende a consolar dell’esser nato.
Poi che crescendo viene,
l’uno e l’altro il sostiene, e via pur sempre
con atti e con parole
studiasi fargli core,
e consolarlo dell’umano stato, altro ufficio piú grato
non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perché dare al sole,
perché reggere in vita
chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura,
perché da noi si dura?
Intatta luna, tale
è lo stato mortale.
Ma tu mortal non sei,
e forse del mio dir poco ti cale.
Pur tu, solinga, eterna peregrina,
che sí pensosa sei, tu forse intendi
questo viver terreno,
il patir nostro, il sospirar, che sia;
65che sia questo morir, questo supremo
scolorar del sembiante,
e perir della terra, e venir meno
ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
il perché delle cose, e vedi il frutto
del mattin, della sera,
del tacito, infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
rida la primavera,
a chi giovi l’ardore, e che procacci
il verno co’ suoi ghiacci.
Mille cose sai tu, mille discopri,
che son celate al semplice pastore.
Spesso quand’io ti miro
star cosí muta in sul deserto piano,
che, in suo giro lontano, al ciel confina;
ovver con la mia greggia
seguirmi viaggiando a mano a mano;
e quando miro in cielo arder le stelle;
dico fra me pensando:
— A che tante facelle?
che fa l’aria infinita, e quel profondo
infinito seren? che vuol dir questa
solitudine immensa? ed io che sono? —
Cosí meco ragiono: e della stanza
smisurata e superba,
e dell’innumerabile famiglia;
poi di tanto adoprar, di tanti moti
d’ogni celeste, ogni terrena cosa,
girando senza posa,
per tornar sempre lá donde son mosse;
uso alcuno, alcun frutto
indovinar non so. Ma tu per certo,
giovinetta immortal, conosci il tutto.
Questo io conosco e sento,
che degli eterni giri,
che dell’esser mio frale,
qualche bene o contento
avrá fors’altri; a me la vita è male.
O greggia mia che posi, oh te beata,
che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perché d’affanno
quasi libera vai;
ch’ogni stento, ogni danno,
ogni estremo timor subito scordi;
ma piú perché giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all’ombra, sovra l’erbe,
tu se’ queta e contenta;
e gran parte dell’anno
senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l’erbe, all’ombra,
e un fastidio m’ingombra
la mente; ed uno spron quasi mi punge
sí che, sedendo, piú che mai son lunge
da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
e non ho fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
non so giá dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
o greggia mia, né di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
— Dimmi: perché giacendo
a bell’agio, ozioso,
s’appaga ogni animale;
me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale? —
Forse s’avess’io l’ale
da volar su le nubi,
e noverar le stelle ad una ad una,
o come il tuono errar di giogo in giogo,
piú felice sarei, dolce mia greggia,
piú felice sarei, candida luna.
O forse erra dal vero,
mirando all’altrui sorte, il mio pensiero:
forse in qual forma, in quale
stato che sia, dentro covile o cuna,
è funesto a chi nasce il dí natale.
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